©2022 by Elena Iacono
Casamicciola Terme
80074
Italia
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Danila, 35 anni.
Abitava a Casamicciola Terme con la famiglia e adesso vive nella frazione di Panza (Forio) con il compagno:
«Sono terremotata e da quel giorno non sono più rientrata in casa, […] abbiamo dovuto lasciarla per via del terremoto perché era inagibile. Abitavo alla Rita e con il mio compagno stavamo sistemando una delle case di proprietà della mia famiglia e stavamo andando a convivere […] però poi c'è stato il terremoto e purtroppo anche quella casa è risultata inagibile. Inizialmente ero con i miei [genitori] ma poi, col mio compagno, abbiamo trovato una casa in affitto anche noi: ci siamo trovati una casa alternativa. Io ho cambiato due volte casa, però mai nella zona di Casamicciola perché me lo sono dato proprio come punto fermo.»
1. Durante la quarantena mi sono trovata, in prima persona, a osservare le pareti bianche della mia casa, scoprendoci cose che non avevo mai notato prima. Erano cose banali, che avevo sempre dato per scontato. È successo anche a te?
«Assolutamente sì. Questa casa in cui sono adesso la inizio a sentire un po’vicino all'idea di casa, anche se non è casa come la intendevo fino al 21 agosto 2017. È come se mi inizio a sentire di nuovo in un posto un po’ sicuro, anche se da allora la sicurezza l’ho un po’ persa. Però mi fa sentire serena tornare in questa casa e mi sono resa conto che comunque mi trasmette serenità e sto bene: dopo tanto tempo inizio a stare bene.»
3. Senti di vivere abbastanza intensamente la tua casa?
«Sì, a differenza di prima si. Per la casa in cui stavo prima avevo proprio un rifiuto, anche aggiustare la minima cosa mi infastidiva particolarmente, non ci riuscivo proprio. Invece questa casa già la curo di più: se devo comprare una pianta dico: "Che bello, mettiamo la pianta qui!". Sai, sono cose stupide, però questa [casa] me la fa venire la voglia. Sarà che magari è passato anche del tempo, però adesso mi sento molto più serena.»
4. Ti senti custode dello spazio che abiti? Perché?
«Non come a casa mia però si, la inizio a sentire già più una cosa mia.»
13. Cos’hai scoperto della tua casa da quando la abiti? Hai trovato delle storie che non ti appartenevano, di qualcun altro?
«Sì, per esempio ci sono delle pareti che sono colorate: alcune tutte blu e alcune gialle. Quando le vedo penso che io in casa mia non le avrei mai fatte, però sono belle da vedere. In camera da letto c'è una parete sul verdino chiaro e ha un alone da un lato in alto. Ogni volta dico al mio compagno: "Ma che ci sarà mai stato lì dietro? Perché ci sta questo alone?" Magari c'era qualche cosa che hanno dovuto coprire o c’era qualche quadro. Sì, questo me lo me lo chiedo anche io ma sono piccolezze.»
5. Come rendi tuo lo spazio che ti circonda?
«Lo sto abbellendo, lo sto rendendo più mio. Tutto il mobilio è il nostro, quindi la maggior parte delle cose. Metto quadri che mi piacciono o delle piante. Guardo anche gli angoletti e le cose più stupide magari: tipiche cose che faresti in una casa che è tua. Ad esempio penso: “Qui potrei comprare questa cosa perché sta bene”. Prima invece non non lo facevo. Subito dopo il terremoto c'era proprio la negazione più totale verso tutto quello che poteva essere una casa che non era la mia. Quando inizio a pensare ai traslochi inizio ad andare in tilt. Da dopo il terremoto i cambiamenti mi mettono abbastanza ansia, un po’ di disagio. Li vivo come se mi togliessero molta energia. È bello cambiare, guardi il lato positivo e ti dici: “Sai, magari posso cambiare diverse case”. Però comunque io penso che dentro di me c'è una sorta di malinconia. Per esempio, questa casa mi dispiacerebbe lasciarla perché è come se tu dopo un po’ inizi ad abituarti, a trovare una tua dimensione e poi improvvisamente quella dimensione sparisce un'altra volta. Devi ricominciare di nuovo tutto da capo, in un altro posto e da un'altra parte. Ovviamente lo prendo anche positivamente e mi dico: "Sai, magari un'altra casa, un altro posto... conosco altre persone, i vicini. Cerco di prendere le cose positive però comunque mi rendo conto che mi pesa. Io penso che soprattutto noi giovani dobbiamo cercare di dare forza a chi sta dietro di noi. I nostri genitori magari hanno vissuto per tantissimi anni in una casa dove hanno fatto tantissimi sacrifici e poi si sono trovati veramente a perdere tutto. Di riflesso le abbiamo perse anche noi, perché magari potevamo avere una stabilità che adesso non abbiamo più. Adesso mi sarei potuta trovare una casa dopo che i miei avevano fatto tanti sacrifici anche per me, però purtroppo è andata così. Penso che non ce ne possiamo fare una colpa, quindi in qualche modo dobbiamo farci forza.»
8. Ti sei creata/o delle nuove abitudini/rituali da quando sei nella tua nuova casa o hai trasportato quelle vecchie nel nuovo spazio?
«Direi entrambe le cose. È più tutto nuovo perché io prima vivevo con i miei e adesso vivo con il mio compagno: già questo per me è un cambiamento quindi mentre a casa magari facevamo le cose tutti insieme in un determinato modo, adesso mi sono creata la mia dimensione con il mio compagno. Alcune cose comunque ti rendi conto che le fai allo stesso modo di come le facevi: io il sabato magari non lavoro come pure prima [del terremoto]. Magari prima stavo tantissimo tempo a letto perché il sabato mi rilassavo, non andando al lavoro. Questo per esempio lo faccio anche qui a casa, cosa che non facevo nella casa precedente, quella post terremoto. In questa invece mi rilasso, faccio le mie cose come le facevo a casa, identiche.»
9. Se potessi sintetizzare con un qualsiasi suono, verso o melodia il tuo modo di abitare, quale sarebbe? Sapresti anche darmi una spiegazione?
«Da quando sono venuta in questa casa c'è il silenzio intorno a me e sento sempre degli uccellini che cinguettano. Mi dà una pace e una serenità questo suono. Li senti tutte le mattine e anche il pomeriggio dopo pranzo quando ti rilassi sul divano. Io ho quest'immagine, loro mi trasmettono questo senso di tranquillità e serenità. Noi qui non abbiamo persone che ci abitano proprio accanto. A casa avevo i parenti intorno, quindi affacciandoti alla finestra c'era la zia, il cugino, facevi la battuta: era proprio tutta un’altra cosa. Questo mi manca perché è proprio la mia infanzia. È come se quella parte se ne fosse andata, all'improvviso è sparito tutto, tutto d'un tratto. Per fortuna qui sento questo cinguettare degli uccellini che mi mette pace e serenità.»
7. Se dovessi scegliere un angolo, inteso come punto in cui due muri si incontrano, quale sceglieresti? Perché?
«L'angolo del soggiorno. Lo guardo spesso perché c'è la la parete che è tra tra il blu e il bianco e c'è questo sovrapporsi di colori che che mi piace molto. Spesso quando mi soffermo a pensare mi trovo spesso a guardare in quel punto.»
10. Cosa dimentichi, ignori o dai per scontato più spesso nello spazio in cui abiti?
«A volte ho un po’ di caos in mente, tipo quando metto a posto la spesa. Mentre a casa mia prima sapevo perfettamente dove stava tutto ora ci sono delle volte che magari ho dei déjà-vu, è come se mi ricollegassi a casa mia. Penso che una cosa magari sta in un posto però non c'è in quel posto, perché l'ho messa in un altro. Ti rendi conto che pensi che sia tutto a posto, invece escono delle cose che ti fanno capire che forse non l'hai dimenticato [il sisma]. Non è che lo dimentichi, però ti dici: “Magari non l'ho elaborato poi così bene come penso.”»
11. Riesci a camminare al buio nella tua nuova casa?
«Non l'ho mai fatto però penso di si, penso che riuscire ad orientarmi. Quando c'è stato il terremoto io ho dovuto attraversare tutta la casa al buio però non ho avuto problemi, ho dovuto fare anche tutte le scale.»
12. Scegli una superficie e toccala. Che rumori senti?
«Diciamo che è ruvido, non è un muro liscio. Sento quel rumore del mare quando ti metti la conchiglia all'orecchio.»
14. Posso inviarti una foto su Whatsapp? L’ho scattata un anno dopo il terremoto al Maio, nel negozio di ceramiche Kèramos dove andavo spesso da bambina. Per me questa foto rappresenta il terremoto, nelle sue parti negative e in quelle positive. C’è un punto della tua casa, vecchia o nuova, che ti ricorda più volte l’esperienza del terremoto? Se ti va potresti scattare e inviarmi una foto di questa stanza?
«In questa casa dove sto ora io non ci penso al terremoto, forse perché l'ho trovata talmente lontana dal posto in cui c'è stato il terremoto che non ci penso. Però per esempio, quando vado a casa mia me lo ricordo. Quando passo nel corridoio di casa mi viene proprio in mente il momento in cui c'è stato il terremoto. Quando ci entro mi mette un po’ di ansia, non riesco a essere serena.»
Fuori programma
«È un po' difficile ritornare alla normalità: la normalità come la intendevamo prima non c'è più.
Vedi che magari i tuoi genitori si demoralizzano e quindi sai che devi stare lì con loro. Immaginati [cosa vuol dire] per le persone ancora più anziane. Io non ti dico l'espressione che ha potuto fare mia nonna di ottant'anni quando le ho detto: "Nonna, ce ne dobbiamo andare". Lei abitava al piano di sotto e ha vissuto per ottant'anni nella stessa casa che era la proprietà dove lei è cresciuta. Tu per tot anni hai avuto sempre delle certezze e d'improvviso, proprio nel giro di secondi, ti trovi a dirti: "E ora?”. »
«Fa anche bene parlarne anche con altri, magari ti confronti, però, sai, uno più lo tira fuori, prima ne parla. Io ne sono consapevole perché a volte parlare serve, serve tanto. Poi questa esperienza, lascia perdere che è stata negativa e bruttissima, non ho una parola per definirla, però mi ha anche avvicinato tantissimo a delle persone che nella mia vita non avrei mai pensato di trovarmi vicine. Mi sono trovata accanto le persone che meno pensavo di trovarmi e le persone per le quali invece mi sarei buttata nel fuoco non me le sono trovate. Questa è stata una delle cose che mi ha insegnato di più il terremoto: mi ha fatto capire veramente per chi ero importante. Sai, in un momento così io mi sono trovata sola e magari anche parlare tre minuti con una persona mi faceva bene.»
«Pensa che mia sorella quando c’è stato il terremoto non era a casa con noi, era fuori con il fidanzato e lei ha visto in televisione. Ci ha detto che in televisione sembrava che fosse successa una catastrofe, che la cosa era amplificata tantissimo. Si è subito messa sul traghetto ed è venuta [da noi]: ha vissuto il post terremoto con tutte le conseguenze insieme a noi.»
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